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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 17/02/2009, 19:52 
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Iscritto il: 04/02/2009, 15:47
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Lo scenario politico italiano appare così caratterizzato:

1.] una destra che offre un modello identitario affascinante, caratterizzato da ottimismo e ricchezza, agganciato ai valori della tradizione cattolica e sensibile ai temi sociali, temi propri tradizionalmente della sinistra (una destra che svolge il ruolo economico della sinistra);
2.] una sinistra democratica divisa sui valori tradizionali e quindi incapace di esprimere una indicazione legislativa chiara e univoca sui temi della vita (un partito che non può scegliere unitariamente un’unica linea di pensiero e di condotta); sinistra che vuole difendere nel contempo i valori cattolici e quelli radicali; essa è liberale sul piano economico, un liberismo economico tradizionalmente e storicamente appartenente alla destra e, quindi, meglio rappresentato da questa;
3.] partiti radicali e di estrema sinistra che sono squalificati elettoralmente per il fatto di non aver saputo analizzare storicamente la validità, attualità e coerenza delle propri radici ideologiche;
4.] partiti di destra attenti ai valori tradizionali e al localismo e al patriottismo, i quali trovano consenso in una popolazione ideologicamente smarrita, alla ricerca di forti motivi di identità.

All’interno di questo quadro si comprendono il successo della destra e la crisi della sinistra: dopo il crollo storico del comunismo sovietico, il successo della destra corrisponde al successo del liberismo, e la crisi della sinistra corrisponde alla crisi del socialismo, che essa ha abbandonato. Ma dal punto di vista della funzione storica della politica, questa può essere strettamente solo “di sinistra”, perché la politica è interessata ai problemi della gente, mentre la destra è storicamente scesa nell’arena politica solo per difendere i privilegi dei ricchi; una difesa del tutto legittima, storicamente necessaria e anche eticamente giusta. Perché allora il successo della destra e la crisi della sinistra, se la funzione politica è strettamente “di sinistra” ? Perché la sinistra ha abbandonato il socialismo ed ha sposato il liberismo, cioè il mercato, e il mercato assoggetta la ricchezza, il reddito e il patrimonio privati al rischio d’impresa e di mercato, cioè alla competizione. L’uomo è per natura costitutivamente avverso al rischio, di qui l’abbandono della sinistra da parte di una larga parte dei lavoratori, sinistra il cui liberismo ne abbandona la funzione storicamente protettiva dei loro interessi. La destra non è invece realmente interessata alla competizione economica, ma alla difesa e stabilità dell’interesse dei ricchi, e, con ciò, anche dei cittadini, e per questo essa (dopo aver sfruttato storicamente i lavoratori per il proprio arricchimento) ha saputo ultimamente meglio difendere i cittadini dalla logica del rischio di mercato, insieme ai propri interessi, che sono sempre di rendita (in realtà, ogni quota di mercato e ogni fonte di profitto e di reddito, privati e d’impresa, è sempre una posizione di rendita; per questo nessuna impresa ha realmente interesse a competere). La crisi della sinistra è stata causata dall’aver abbandonato il socialismo e dall’aver accolto il liberismo, e il successo della destra è stato causato dal fatto che, dopo essere stata liberista per sfruttare i lavoratori, difesi in un primo momento dalla sinistra sociale e dai sindacati, la destra (con la crisi finanziaria attuale) ha abbandonato la logica di mercato, che assoggetta al rischio la sua rendita, e ha accolto la logica socialista della stabilità, ciò che spiega perché i lavoratori trovino rappresentati meglio i propri interessi dall’interesse dell’imprenditore (con cui si identificano), piuttosto che da una sinistra liberista. Ma la sinistra ha scelto il liberismo per una ragione positiva, in quanto esso premia il merito e abbatte i privilegi, e la competizione rende virtuosi le imprese e i lavoratori. Compito della sinistra politica dovrebbe allora consistere in un recupero dell’ideale socialista e nel porre in esso le istanze liberali, ovvero, nell’attuale fase storica, in un recupero del socialismo, cioè della sua funzione storica di difesa della stabilità della condizione lavorativa e reddituale, per farne lo sfondo istituzionale del liberismo. Merito dell’economia sociale di mercato è di aver individuato l’essenza del liberismo, il quale deve essere considerato come una componente del socialismo. Ma questo ideale non è attuato propriamente dall’economia sociale di mercato, perché questa interpreta il socialismo come residuo ammortizzatore sociale di una condizione resa instabile dal rischio di mercato. Inoltre, termini come “socialismo” e “comunismo” richiamano alla mente ideologie, che si reputano storicamente superate dal crollo del comunismo sovietico, e ciò è un errore, perché essere sono storicamente sempre attuali. Esse possono essere correttamente recuperate, grazie all’apporto del cristianesimo, in cui la solidarietà non è carità (cioè “elemosina”: mero ammortizzatore sociale), ma è, insieme, la meta e la base (cioè la radice e il fondamento) della costruzione della “civiltà dell’amore”, in cui la competizione e il rischio di mercato devono essere intesi come strumenti per la crescita integrale della persona del lavoratore, e quindi come strumenti, solo secondari e ausiliri, posti al servizio dell’uomo. In questo senso,

- prima viene il cristianesmo, come fondamento della civiltà dell’amore;
- poi viene il socialismo, inteso come insieme dei diritti inviolabili della persona;
- infine, trovano il loro posto (come loro corretta collocazione all’interno del socialismo) il liberismo e il mercato, intesi come criteri meritocratici di arricchimento e di distribuzione della ricchezza.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 18/02/2009, 11:52 
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Iscritto il: 14/02/2009, 11:44
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In effetti è una buona rappresentazione dello scenario italiano e di come pero' esso sia atipico, fortemente atipico, rispetto al resto dell'Europa.
Sul piano storico comunque i diritti delle persone sono stati affermati dal liberalismo, non dal socialismo.
Come minimo il liberalismo inizia le sue rivendicazioni nel XVIII secolo mentre il socialismo invece nel XIX secolo.
Caso mai il socialismo ha cercato di introdurre criteri ulteriori, legandosi pero' alla negazione di altri principi di libertà, come quando ha negato la proprietà privata, che è un diritto universale oggi riconosciuto anche dalla carta delle nazioni unite.

Per me l'aticipità principale dello scenario politico italiano è tuttavia l'assenza, storica, di un vero movimento liberale come possiamo trovarlo in tanti paesi a nord delle Alpi.
Anche la nostra destra è una destra illiberale e sociale, autortaria, protezionistica, che vive sulle rendite di posizione.
Il nostro paese è ancora attraversato dalla logica delle corporazioni, del clientelismo.

La vera rivoluzione libera e non è mai arrivata.
Difficile quindi che ci sia tutto il resto: competizione, ricerca, innovazione, reale ridistribuzione.

Ciao,
Francesco

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 Oggetto del messaggio: Socialismo e liberalismo
MessaggioInviato: 20/02/2009, 22:24 
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Iscritto il: 04/02/2009, 15:47
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E’ oltremodo complesso il rapporto tra liberalismo e socialismo, e desidererei qui cercare di venire a capo di tale intreccio storico di ideologie.
Tutto ciò che dice il liberalismo può essere attribuito al socialismo eccetto la declinazione economica del liberalismo, che è il liberismo, cioè l’idea che dall’azione economica egoistica di ciascun individuo possa trarne vantaggio l’intera società; l’idea che l’azione combinata di tutti gli uomini, se finalizzata a perseguire ciascuno il proprio vantaggio economico di tipo egoistico, determini il progresso dell’intera società. Il liberalismo storicamente nasce come rivendicazione dei diritti degli uomini rispetto alla prepotenza del principe (nobile proprietario terriero). Tra questi uomini c’è anche il mercante e l’imprenditore. A questi interessa la libertà politica, perché nella democrazia la borghesia possa sottrarre potere alla nobiltà. La libertà di stampa, ad esempio, è un tipo diritto/una tipica rivendicazione liberale. Ma della libertà di stampa non se ne fa nulla il popolo dei semplici: essa serve al ricco imprenditore per condizionare politicamente l’opinione pubblica. Hai ragione tu: storicamente, il liberalismo precede il socalismo, ma poi cosa succede ? Qual è la conseguenza storica di tale precedenza ? Ecco che l’imprenditore, approfittando della libertà dal principe e dall’economia contadina, fonda l’impresa, e rivendicando libertà economica (ciò che è positivo), egli sfrutta la manodopera (ciò che è negativo): la libertà dei diritti (di stampa, di voto) diventa libertà del mercato, cioè dello sfruttamento del lavoratore (i bambini nelle miniere, i bambini e le donne in fabbrica, gli uomini che lavorano 12 ore): il liberalismo giustifica il liberismo, il quale, imponendosi come sfruttamento del lavoratore, è in realtà profondamento illiberale, come lo sono oggi alcuni aspetti della globalizzazione. Per reazione a questa “libertà di prevaricazione” (il liberalismo del liberismo), sorge il socialismo a difesa del lavoratori. Esso sorge come limitazione di questa libertà di prevaricazione, e quindi anche come estrema limitazione, di qui il comunismo storico. Poiché il socialismo democratico non si oppone al liberalismo ma si oppone al liberismo, si può dire che il liberalismo storico è un’anticipazione del socialismo, e può quindi confluire in esso. Al lavoratore infatti non interessa limitare la libertà di stampa o di voto, ma interessa limitare la libertà del mercato, cioè solo il liberismo, la declinazione economica del liberalismo. Ecco quindi che appare storicamente scorretto utilizzare il liberalismo per opporsi al socialismo e per difendere il liberismo: il liberalismo e il socialismo sono entrambi positivi difensori dei diritti inviolabili dell’uomo (il primo difende la libertà di stampa, di voto, di pensiero, di religione, di proprietà; il secondo difende il diritto al lavoro, alla corretta remunerazione, alla casa, ecc.); il liberismo invece è ambiguo: esso può significare libertà del mercato e dell’attività imprenditoriale, ma storicamente esso è anche corrisposto allo sfruttamento dei lavoratori (nella rivoluzione industriale) e alla asimmetria tra nazioni ricche e nazioni povere nell’attuale globalizzazione. Il liberismo, dal nome, richiama il liberalismo, ma essi non devono essere confusi: il liberalismo richiama e difende la libertà, ma questa, che è un diritto, può anche significare libertà “dai” diritti, cioè libertà di violarli.


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 Oggetto del messaggio: Tre errori del PD
MessaggioInviato: 20/02/2009, 23:58 
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Iscritto il: 04/02/2009, 15:47
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I tre errori del PD potrebbero essere stati i seguenti:

1.] la dimissioni di Veltroni;
2.] l’aver rotto i rapporti con l’estrema sinistra (che non aveva abbandonato Prodi);
3.] il non aver supportato Veltroni con un comitato di docenti universitari che potessero arricchire la sua dialettica politica (i suoi discorsi), dal punto di vista dell’elaborazione critica del pensiero.

I PD è guidato da personalità ciascuna delle quali potrebbe fare il presidente del consiglio. Ma non sono volti e nomi nuovi. Solo Veltroni è volto e nome nuovo, ma incomprensibilmente è stato lasciato solo. Prodi ha tentato di unire la sinistra, e ci era riuscito. Veltroni dovrebbe fare come Prodi. Veltroni ha pagato tutta la complessità di un momento storico della sinistra alla ricerca del senso della continuità e del cambiamento rispetto alla sue radici storiche, complessità di un’azione politica e partitica che non viene supportata dalla riflessione filosofica (un socialismo rimasto senza marxismo): una sinistra senza pensiero, senza ideologia, senza cultura, e Veltroni doveva riempire di contenuti sostanziali i suoi discorsi. Si è trovato a proporre un “riformismo” senza un chiaro programma, ma soprattutto senza un progetto di società complessivo, coerente, orientato al futuro, culturalmente fondato. Il progetto precede il programma elettorale, e la cultura fonda il progetto.


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 Oggetto del messaggio: Re: Socialismo e liberalismo
MessaggioInviato: 21/02/2009, 9:27 
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Iscritto il: 14/02/2009, 11:44
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androcom ha scritto:
Tutto ciò che dice il liberalismo può essere attribuito al socialismo eccetto la declinazione economica del liberalismo, che è il liberismo, cioè l’idea che dall’azione economica egoistica di ciascun individuo possa trarne vantaggio l’intera società; l’idea che l’azione combinata di tutti gli uomini, se finalizzata a perseguire ciascuno il proprio vantaggio economico di tipo egoistico, determini il progresso dell’intera società.

Questo aspetto del liberismo è stato abbondantemente falsificato da Nash, premio Nobel per l'economia nel 1994.
Nash, nell'ambito dell'estensione della Games Theory dall'iniziale dominio dei giochi a somma zero a quello con somma maggiore di zero (che interessano di piu' la politica e l'economia) ha dimostrato che in alcuni casi l'assunto liberista è falso. In alcuni casi è vero. Comunque non è sempre vero.
Parimenti pero' la stessa risultanza matematica falsifica anche il contrario, falsifica cioè l'idea che l'azione sempre coordinata e cooperativa degli uomini porti sempre vantaggi alla società.

Vengono falsificati quindi gli "ismi" estremi, portatori di teorie strategiche "pure" (del tipo "si deve fare sempre cosi'). Essere sempre egoisti oppure essere sempre cooperativi porta quindi ad esiti economico-sociali sub-ottimali.

Non a caso oggi nessuno (spero) propone il socialismo o il liberismo estremi ma siano di fatto in un ambito misto, in cui abbiamo elementi dell'uno e dell'altro fusi in strategie miste.
Le strategie miste sono appunto quelle ottimali nel caso di giochi a somma maggiore di zero.

Il problema è che di strategie miste ne possiamo avere a milioni, come mix di due strategie pure.
Ed inoltre la citata teoria non ci dice quale è la migliore ma solo che ne esiste come minimo una e forse più d'una.
Il che se vogliamo è positivo, perché lascia tutto lo spazio alla politica di discutere, decidere ... e sbagliare.

Vi è pero' un altro aspetto del liberismo che non è stato citato ed è quello che riguarda l'estensione dei mercati e la eliminazione delle barriere (protezionismo, dazi, sussidi interni).
Questo non è stato affatto falsificato (sul piano logico matematico), anzi mi pare che esca rafforzato giorno dopo giorno. Ovviamente come ogni processo ci sono anche i rovesci della medadglia e quindi il tutto va gestito ma credo sia innegabile che oggi i paesi drammaticamente piu' poveri sono quelli piu' lontani dalla globalizzazione.

Ciao,
Francesco

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 Oggetto del messaggio: Re: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 21/02/2009, 14:10 
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Iscritto il: 04/02/2009, 15:47
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Concordo sulla necessità di una crescita continua, e di non adottare misure protezionistiche. Concordo anche sul fatto che le nazioni sono povere, non a causa della globalizzazione (fonte di progresso) ma perché escluse da essa. A ciò mi hanno convinto politici come Prodi, Monti e Tremonti. Sono d’accordo sul fatto che l’“ismo” migliore sta nel mezzo (è la cosiddetta “terza via”). E rifletto sul fatto che, come il marxismo, anche il cristianesimo, dal punto di vista filosofico, non ha finora mai delineato i caratteri di quella che dovrebbe essere una società cristiana “perfetta”. Perché dico questo ? Perché ritengo che il cristianesimo, che vuole costruire in terra il regno di Dio, non nel senso di calare sulla terra il Paradiso, ma nel senso di edificare in terra la “vigna” del Signore, in cui ogni uomo possa operare (Mt 20, 6- 7), come filosofia dovrebbe chiarificare questo aspetto. Lo fa la Dottrina Sociale della Chiesa, ma limitatamente. Compito dei politici cristiani è tradurre queste indicazioni in un coerente sistema sociale, che possa accogliere anche gli atei, tollerando le loro esigenze, entro i limiti dei diritti umani.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 21/02/2009, 15:05 
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androcom ha scritto:
Concordo sulla necessità di una crescita continua, e di non adottare misure protezionistiche. Concordo anche sul fatto che le nazioni sono povere, non a causa della globalizzazione (fonte di progresso) ma perché escluse da essa.

Non ho presente un elenco completo per cui potrei anche sbagliarmi ma ritengo che non ci sia nessuno che sia escluso a priori (da noi che siamo nel processo) ma piuttosto casi che si autoescludono, per scelta. Scelta non di popolo ma della dittatura opprimente di turno.

Quanto all'accogliere le indicazioni di tutti concordo pienamente ma non lo si deve fare per "tolleranza" ma per la indispensabile ricchezza di vedute che tutti possono e devono dare. Vero pero' che la tolleranza è una virtu' indispensabile ma che fare con gli intolleranti? Li tolleriamo? È un vecchio problema posto da Popper. Lui diceva che nella società aperta non c'è posto per gli intolleranti, e lo diceva a ridosso di una tremenda guerra mondiale fatta proprio per liberarci da quel genere di oppressione.

Ciao,
Francesco

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 Oggetto del messaggio: Re: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 22/02/2009, 10:13 
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Dire che “nella società aperta non c’è posto per gli intolleranti” è un’espressione forte e anche contraddittoria, perchè escludere gli intolleranti significherebbe essere intolleranti (cioè escludere se stessi). Gli intolleranti (che possono essere anche i cristiani fondamentalisti) vengono accettati nella società, come ogni altro gruppo, solo che vengono controllati e viene loro impedito di nuocere. Ognuno è libero di esprimere il suo pensiero, anche blasfemo, offensivo e intollerante (le parole non arrecano danno fisicamente, entro certi limiti, e se ne può consentire lo sfogo), purchè non si arrechi molestia, in senso fisico e psichico. Da questo punto di vista, la società aperta (che è una grande idea di Popper) davvero non esclude nessuno. Ma è importante sottolineare questo aspetto (che desidero solo sfiorare): che fare, ad esempio, nel caso della legislazione sull’aborto ? Qui l’“intollerante” elimina una vita umana. Una donna incinta può vivere un dramma traumatico, per cui, come ha detto il cardinale Ruini, l’aborto non può essere assimilato a un omicidio. Una questione come l’aborto mette a dura prova la capacità di tolleranza e di partecipazione democratica di un cattolico, ed è una prova sana, perché così si comprende che l’amore e il perdono sono più forti di qualunque peccato. Il cattolico, partecipando alla vita di uno stato che può accettare aborto e eutanasia, esprime la sua solidarietà verso tutti gli uomini, non sfugge alle sue responsabilità, non prende paura per ciò che l’uomo può osare compiere, perchè il perdono può coprire qualunque errore. E’ con questo senso della solidarietà verso tutti gli uomini che il cattolico aderisce alla legislazione democratica dello stato, espressione della volontà di tutti i cittadini, e ne accetta fino in fondo le conseguenze, senza voler imporre con la forza il proprio punto di vista, ma concorrendo alla determinazione di una società più giusta con i mezzi democratici messi a disposizione dallo stato: la formazione dell'opinione pubblica e il voto politico.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 22/02/2009, 11:18 
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Iscritto il: 14/02/2009, 11:44
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androcom ha scritto:
Dire che “nella società aperta non c’è posto per gli intolleranti” è un’espressione forte e anche contraddittoria, perchè escludere gli intolleranti significherebbe essere intolleranti (cioè escludere se stessi).

Vero, non c'è dubbio su quello che dici e se ci pensiamo, in fondo anche Platone escludeva qualcuno dalla sua Repubblica. I poeti. C'è un po' il concetto che per raggiungere un fine ideale e perfetto si debba per forza fare una scelta e scegliere significa tenere qualcosa e scartare altro.
In questo le utpoie dimostrano tutta la loro pericolosità.

Se non scartiamo nulla, poeti o intolleranti, probabilmente il risultato non sarà perfetto ma lo preferisco.

Francesco

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 Oggetto del messaggio: Re: Riflessioni sullo scenario politico italiano
MessaggioInviato: 02/03/2009, 18:21 
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Iscritto il: 02/03/2009, 17:47
Messaggi: 3
- prima viene il cristianesmo, come fondamento della civiltà dell’amore;
- poi viene il socialismo, inteso come insieme dei diritti inviolabili della persona;
- infine, trovano il loro posto (come loro corretta collocazione all’interno del socialismo) il liberismo e il mercato, intesi come criteri meritocratici di arricchimento e di distribuzione della ricchezza.


Il mio punto di vista è ribaltato di 180°...
o quasi...

li metterei in questo senso...

1. il socialismo, inteso come insieme dei diritti inviolabili della persona;
2. loro corretta collocazione all’interno del socialismo, il liberismo e il mercato, intesi come criteri meritocratici di arricchimento e di distribuzione della ricchezza.
3. il cristianesmo, come fondamento della civiltà dell’amore;

e il commento più forte è su quest'ultimo punto...
proprio perchè come descritto sembra troppo vincolante per le altre credenze, che -tutte- hanno alla base i primi due punti descritti (o cmq molte e le più importanti).

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Rafiki, la scimmia saggia

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