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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Il punto di Romano Prodi sul Peacekeeping in Africa
MessaggioInviato: 23/09/2009, 12:13 
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Iscritto il: 13/02/2009, 19:24
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L’ Africa alle Nazioni Unite.

23 settembre 2009


Il problema africano sarà al centro della discussione, quando oggi, 23 settembre, il Consiglio di sicurezza dell’ONU,
presieduto dal presidente Barack Obama, si riunirà per discutere la questione del mantenimento della pace in il mondo con i dieci maggiori Stati che offrono risorse umane per le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.
Le guerre africane, infatti, occupano oltre il 70% di tutte le risorse dedicate dalle Nazioni Unite per le operazioni di Peace Keeping e per decenni in molte zone del continente non vi è stato un solo momento di pace. Dal Corno D’Africa ai Grandi Laghi ad Ovest, in Africa i conflitti sono endemici.

Il costo è sbalorditivo. Milioni di persone sono state uccise e miliardi di dollari sono stati spesi. I problemi connessi, come le scarse infrastrutture, le minacce ambientali, le distanze, le malattie, fanno si’ che, il dopoguerra sia più lungo e più dannoso rispetto al conflitto stesso. Se la capacità militare può essere parte di ogni possibile soluzione, la pace nel continente africano non può essere raggiunta solo attraverso il dispiegamento di forze militari. Misure come preallarme, prevenzione dei conflitti, risoluzione dei conflitti e ricostruzione post-conflitto dovrebbe essere parte della nostra capacità di mantenimento della pace.

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha sicuramente la piena responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza, e le operazioni delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace hanno subito un aumento esponenziale dai primi anni novanta ad oggi.

Tuttavia è sempre più chiaro che questi obiettivi fondamentali non possono essere raggiunti senza un coinvolgimento molto più profondo delle istituzioni africane, come l’Unione Africana e le organizzazioni regionali che si occupano di guerre diffuse al di là dei confini nazionali, che sono state scatenate in dispregio delle realtà tribali, etniche o religiose.

Una quantità significativa di sinergie fra queste organizzazione deve essere realizzata attingendo alle rispettive capacità di ciascuna di queste, ma l’Unione Africana ha riconosciuto la necessità di sviluppare una propria capacità di rispondere alle crisi del continente.

Credo che sia estremamente importante creare le condizioni per aumentare il coinvolgimento dell’UA nel processo decisionale e nella realizzazione delle operazioni di pace nel continente africano e finanziare la sua ’capacità di mantenimento della pace’ in modo di trasferire, alla fine, la responsabilità e proprietà delle operazioni direttamente all’ AU.

Ma, fino ad oggi, i paesi importanti come Francia e Regno Unito si sono opposti l’empowerment dell’Unione Africana perchè si faccia carico del mantenimento della pace in Africa.

Il presupposto è che gli africani non hanno la capacità di farlo e, buttare i soldi sul problema, non aiuta a risolverlo.

Questo ragionamento è corretto, in linea di principio, ma non tiene conto del fatto che senza fare qualcosa di concreto, visibile e con una prospettiva a lungo termine, si finisce col ricadere nel proverbiale problema dell’uovo e della gallina, e questo non provocherà alcun cambiamento.

Ma qualcosa di nuovo sta arrivando.

Il panel che ho presieduto per il mantenimento della pace in Africa ha proposto, tra le altre raccomandazioni, un ‘fondo di finanziamento multidonatore a lungo termine ‘, specificamente progettato per il potenziamento della capacità di intervento dell’Unione Africana.

La relazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite che sarà rilasciata il 23 sottolinea l’importanza di un forte partenariato strategico tra Unione Africana e Nazioni Unite.

È molto probabile che il presidente Obama sosterrà questi passaggi e, come ha detto nei suoi recenti discorsi sull’Africa, si schiererà nettamente contro le politiche che possono portare alla memoria antiche strategie colonialiste. Politiche che non solo sono molto pericolose per la pace in Africa, ma hanno effetti vanno ben oltre il problema del mantenimento della pace.

Le stesse nazioni che si oppongono all’idea di una forte AU sono quelle che privilegiano le relazioni bilaterali con i paesi africani coi quali hanno vecchi legami coloniali. Questo bilateralismo impedisce la creazione di mercati di dimensioni sufficienti per promuovere una crescita economica significativa. Il commercio interno in Africa è molto basso e i progetti per la realizzazione di infrastrutture a livello continentale per il trasporto, l’energia e la comunicazione sono del tutto insufficienti. Anche la Cina, che è presente in tutta l’Africa, a seguito di una politica continentale ben visibile, si occupa dei paesi africani ad uno ad uno e non aiuta la loro integrazione in una realtà più grande.

Piuttosto che dare la colpa ai cinesi per il loro ’sfruttamento’ delle risorse naturali, dovremmo cercare di trovare con loro una politica comune verso il continente, con l’obiettivo di un rafforzamento del ruolo e del potere dell’Unione africana e di definire strategie a lungo termine al livello continentale, rispettosa di tutte le realtà locali etnice, religiose e tribali.

Il sostegno economico e l’assistenza a coloro che sono più bisognosi è sicuramente molto importante, ma il mantenimento della pace, la diffusione della democrazia e dello sviluppo economico ed un nuovo sistema integrato di politica africana è di primaria urgenza.

Romano Prodi

Presidente della ONU-AU Pannello di mantenimento della pace in Africa

L’ex presidente della Commissione europea e il Primo Ministro italiano


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 Oggetto del messaggio: Romano Prodi's update on Peacekeeping in Africa
MessaggioInviato: 23/09/2009, 12:20 
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Iscritto il: 13/02/2009, 19:24
Messaggi: 8
Africa at UN .

Sept 23rd 2009.


The African Problem will be at center stage when today, September 23rd, the UN Security Council, chaired by President Barack Obama, will meet with the ten major contributors of human resources to the UN peace keeping operations, to discuss the issue of peace keeping in the world.

African wars in fact take up over 70% of all the resources dedicated by the United Nations to Peace Keeping operations and there has been no peace for decades in many parts of the continent. From the Horn to the Great Lakes to West Africa conflict is endemic. The cost is staggering. Millions of people have been killed billions of dollars that have been spent. Associated problems such as poor infrastructure, environmental threats, displacement, diseases, mean that the aftermath of conflict is more damaging and long lasting than the conflict itself. Though military capability may be part of any potential solution, peace on the African continent cannot be achieved only through the deployment of military forces. Measures such as early warning, conflict prevention, conflict resolution and post-conflict reconstruction should be part of Peacekeeping Capacity.

The UN Security Council surely has full responsibility for keeping peace and security, and UN peacekeeping has undergone an exponential increase since the early 1990s.

However it is becoming more and more clear that these crucial objectives cannot be achieved without a much deeper involvement of African Institutions, such as the African Union and the Regional Organisations which can take care of wars spreading beyond national borders which have been drawn with no care for tribal, ethnical or religious realities.

A significant amount of synergy to be achieved by drawing on the respective capacities of these organisations, but the African Union has recognised the need to develop its own capacity to respond to crises on the continent.

I believe it is extremely important to create the conditions for increasing the participation of the AU in the decision making process and execution of peace operations on the African continent and to bolster through financing it a ‘peacekeeping capacity’ so to transfer, eventually , responsibility and ownership of the operations to AU.

But, up to now, important countries such as France and UK have opposed the empowerment of the African Union to take care of African Peace.

The assumption is that the Africans have not the capacity to do it and, throwing money to the problem, would not help to solve it.

This is right , in principle, but does not consider that without doing something concrete, visible and with a long term perspective, we end up in the ‘chicken or egg syndrome’ and nothing will ever change.

But something new is coming.

The panel I chaired on Peace Keeping in Africa proposed, among other recommendations, a ‘Long Term Multidonor Trust Fund’, specifically designed for African Union Capacity Building.

The report of the United Nations Secretary General to be released the 23rd emphasizes the relevance of a strong strategic partnership between AU and UN.

It is very likely that President Obama will support these steps and as he said in his recent speeches on Africa, he will be strongly against policies which might even bring to memory some colonial culture. Policies which not only are very dangerous for peace in Africa, but have effect going well beyond the issue of peace keeping .

The same who oppose the idea of a strong AU are those who privilege bilateral relations with those African countries where old ties exist. This bilateralism is preventing the creation of markets large enough to foster a significant economic growth. The internal trade in Africa is very low and projects for infrastructures at the continental level for transportation, energy and communication are totally insufficient. Also China, which is present in Africa all over, following a well visible continental policy, deals with the African Countries one by one and does not help their integration in a larger reality.

Rather then blaming the Chinese for their ‘exploitation’ of natural resources we should try to find with them a common policy toward the continent, aiming to a strengthening of the role and of the power of the African Union and to define long term strategies at the continental level, respectful of all the local ethnical, religious and tribal realities.

Economic support and assistance to those who are more in need are surely very important, but from peace keeping to diffusion of democracy and economic development a new integrated African Policy is badly and urgently needed.

Romano Prodi

Chairman of the UN-AU Panel for Peacekeeping in Africa

Former President of the European Commission and Italian Prime Minister


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 Oggetto del messaggio: Re: Il punto di Romano Prodi sul Peacekeeping in Africa
MessaggioInviato: 25/09/2009, 10:37 
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Iscritto il: 20/07/2009, 15:07
Messaggi: 1
L'empowerment è la pietra angolare dello sviluppo degli individui e di conseguenza della collettività. Per le aziende di successo è fondamentale la delega del "potere" decisionale e di controllo del processo lavorativo ai dipendenti e collaboaratori ottenendo in tal modo importanti effetti nei risultati d'impresa dovuti alla maggiore autostima, alla maggiore sicurezza ma anche alla consapevolezza di sentirsi artefici del proprio destino e dei propri risultati.
La domanda da porsi è che se questo "metodo" funziona, ed è ormai dimostrato, perchè non si applica o non viene recepito fuori dall'ambito del business fine a se stesso?
In genere il problema è legato alla difficoltà di cambiare abitudini, al fatto che è preferibile rimanere in una "zona di confort" con poche o nulle respondabilità; nella "questione Africana" -e non solo- però avviene il contrario ovvero sono i "manager del primo mondo" a voler rimanere nella "zona di comodo" e non per paura di cambiare abitudini ma piuttosto per la paura di perdere un "diritto aquisito" in un passato coloniale.
Il mondo si evolve nel verso dell'aumento dell'entropia anche se in alcuni luoghi,come il primo mondo, sembra apparentemente dimuniure - a scapito di altri chiaramente - ed è per questo che occorre un'azione congiunta, multilaterale e globale.


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