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OSARE LA DECRESCITA
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Autore:  gelormini [ 14/02/2009, 15:20 ]
Oggetto del messaggio:  OSARE LA DECRESCITA

OSARE LA DECRESCITA

Serge Latouche a Bari



di Antonio V. Gelormini



Parlare di decrescita nel bel mezzo di una recessione mondiale senza precedenti e mentre altrove si stanziano trilioni di dollari, per una ripresa dagli orizzonti piuttosto incerti (Obama – Stati Uniti), o mentre si riuniscono famose “teste d’uovo”, per sostenere una spinta innovativa alla crescita non solo nazionale (Sarkozy – Francia), a dir poco è decisamente temerario. Al limite del ridicolo, del paradosso e della provocazione, potrebbe apparire poi il provare a immaginare e a paventare che tale decrescita possa essere addirittura “felice”.



Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’ Institut d'études du devoloppement économique et social (IEDS), lo predica da tempo con chiara e risoluta convinzione. Invitato dal Dipartimento di Scienze Storiche e Sociali, lo ha ribadito oggi a Bari, nel Salone degli Affreschi dell’Università degli Studi, in una delle sue suggestive conferenze.



Ascoltandolo e confrontando le sue teorie, che rapidamente conquistano nuove attenzioni e crescenti condivisioni, con i ritmi e i livelli della nostra quotidiana “qualità della vita”, l’impensabile diventa possibile. Forse necessario. Sicuramente non più trascurabile.



Al totem del Pil e della corsa sfrenata al consumo, nonché al piacere del consumo, la decrescita non contrappone l’inceppo dell’ingranaggio. Ma un graduale freno alla sua velocità, per razionalizzarne i benefici. Rallentare per crescere meglio e fare della sobrietà un elemento qualificante del tenore di vita. Rallentare per dar modo all’immaginario di emergere, per restituire sapore, senso e ritrovati orizzonti alla quotidiane abitudini di ognuno di noi.



Dopotutto, per affrontare con minor pericolo le curve insidiose dell’economia moderna, anche il miglior pilota di una Ferrari non troverebbe di meglio che staccare il piede dall’acceleratore e pigiare leggermente il pedale dei freni. Invece, la situazione sfugge. La corsa allo sviluppo è diventata spreco forsennato. E’ come fissare, storta, una vite a stella in un mobile Ikea. L’insistente accelerazione del trapano avvitante, deforma la sagoma stellata e comincia a girare a vuoto. Solo un’azione rallentata, più incisiva e certamente più paziente potrà provare a porvi rimedio in tempo utile.



Coltivare la capacità alla rinuncia, per favorire una maggiore convivialità globale, secondo Latouche, è l’unica strada percorribile sui sentieri della sostenibilità. Problemi come quelli dei rifiuti o delle emissioni di anidride carbonica, non solo non concepiscono soluzioni locali, ma necessitano di una consapevolezza globale. Per cui, il miglior rifiuto o il miglior gas inquinante è, senza dubbio, quello non prodotto.



Rallentare per tornare a rispettare i tempi della natura e apprezzare le fasi della maturazione. Rallentare per tornare ad essere viaggiatori e non solo turisti. Rallentare per trattenersi e consentire l’interscambio personale, e non solo attrarre e fissare emozioni lunghe l’effimero scatto di una macchina fotografica. Rallentare per consolidare effetti ed affetti. Per tornare a sorridere, riconciliarsi ed esprimere una contagiosa “gioia di vivere”.



Osare la decrescita, allora, diventa un rilancio. Una vera e propria sfida alla creatività e all’innovazione. Perché con questi chiari di luna, nel vortice ansioso e abbagliante del fare e del fare sempre in più in fretta, assume marcata forza statica, e riflessi più moderni, la luce non intermittente dell’antica saggezza popolare: “Chi va piano, va sano e va lontano!”

Autore:  formica [ 14/02/2009, 20:17 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

Siamo in piena recessione, che altro non è che un nome diverso da dare alla decrescita. Pil negativo.
A parte il panico nei governi (e la sola "preoccupazione" di Berlusconi) non mi pare che la gente comune sia contenta di questa decrescita.

Si perde il lavoro, qualcuno la casa. Si spende di meno. Si consuma di meno. Altri perdono il lavoro e la casa.
Ed il ciclo continua. E chi ci perde di piu' sono i poveri.
I ricchi se da 100 milioni passano a 50, sono sempre ricchi. Piangono un po' ma sopravvivono.
I poveri invece muoiono di fame.
Nel 2008 il numero di persone a rischio di morte per fame è aumentato di 40 milioni.
Considerando che ogni anno ci sono sul pianeta circa 80-90 milioni di abitanti in piu', significa che la percentuale di riferimento del rischio fame è prossima al 50% dei nuovi nati (contro un valore di riferimento del 12-15%).
Questo spiega bene che la crisi (e la descrescita) colpisce i poveri, mortalmente. Molto piu' dei ricchi.

Sul piano teorico la decrescita si basa secondo me su postulati falsi. Primo tra tutti il fatto che il funzionamento del sistema economico attuale dipenda essenzialmente da risorse non rinnovabili. In realtà ogni epoca trova le sue risorse nergetiche: legno, carbone, petrolio, uranio, sole, vento, .... fusione ... ed in futuro saranno rinnovabili. In piu' il nostro non è un sistema chiuso ma è un sistema aperto, di cui estendiamo costantemente i confini.

Ciao,
Francesco

Autore:  Domenica [ 16/02/2009, 19:21 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

Ho vissuto la crisi degli anni settanta,ma ero troppo giovane per capirne e comprenderne i risvolti. Evidentemente però i ricordi seppur sopiti sono ritornati brutalmente a galla.
Ho studiato all0univ la crisi del 29,ma quella l'ho studiata solamente.
Sto vivendo e stiamo vivendo tutti,ricchi,poveri,classe media l'attuale crisi,non so se i miei figli avranno le stesse opportunità che i miei genitori da operai hanno dato a me.
Riusciremo a sopravvivere alle nostre crisi?Riusciremo a consegnare ai ns figli un futuro di speranza?
Riusciremo ... :?: ?

Autore:  Ivano [ 20/02/2009, 9:36 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

Noi siamo in crisi, e quando dico siamo, intendo dire noi ricchi lavoratori. Loro, i poveri industriali invece, non sono in crisi, perchè loro la crisi l'hanno provocata, ci hanno speculato, l'hanno alimentata ci si sono arricchiti sempre di più, ne hanno tratto giovamento prima e la sfruttano anche adesso. La povera Marcegaglia chiede allo stato, e quindi di nuovo ai lavoratori, altri euro dopo averne razzolati a milioni, a miliardi tramite le banche che, prendedoli dalle tasche di chi deposita i risparmi, li presta a fondo perduto alle industrie e ci fa sopra speculazioni che poi portano alla crisi. Adesso hanno proposto una bella pensata, Niente più TFR per un anno, naturalmente con il beneplacito dei sindacati più rsponsabili che hhnno capito il momento critico. Ne hanno bisogno le industrie. Per fare che? per rilanciare l'economia! ma pensa te. Quale economia? Ma la loro ovviamente. C'è la crisi.. e allora abbassiamo i prezzi delle automobili, dei frigoriferi, delle case, dei mobili, insomma di tutto. NO! si altera il mercato. E allora che si fa? Ma è semplice perbacco. Siccome la parte più importante di un'azienda è data dalle risorse umane - Bocconi docet - agiamo sulle risorse umane. Licenziamo! Ma chi licenziamo, i dirigenti incapaci che portano le industrie allo sfascio con le loro speculazioni di borsa? Gli industriali che non fanno investimenti e fabbricano bond falsi con la fotocopiatrice? Amministratori delegati che falsificano i bilanci e dicono di vendere milioni di automobili delle quali per le strade non se ne vede nemmeno l'ombra? Amministratori di banche da 9,5 milioni di euro all'anno mentre il loro titolo sta sparendo dal listino di borsa? Ma no, non scherziamo... Licenziamo 20.000 lavoratori, e se sono pochi allora 60.000. Caso mai se passa la crisi allora li riassumeremo, ma solo una piccola parte, perchè nel frattempo avremo ristrutturato la fabbrica, per il bene dell'Italia e della popolazione. E tutto questo sotto l'occhio inerte della gente, ancora estasiata dalle belle parole di Povia al Festival e dagli urli dei protagonisti dei vari grandi fratelli e incoraggiati dall'esempio del nostro esimio presidente del consiglio. Se è riuscito lui a farsi persino dare indietro, con sentenza del tribunale, dalla persona che aveva corrotto la somma che gli aveva dato, in Italia c'è speranza per tutti. E poi consoliamoci. Parisi si è candidato alla guida del PD. L'Italia è salva :lol:

Autore:  Domenica [ 20/02/2009, 20:32 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

La verità è che gli incentivi non serviranno non a molto bensì a nulla.
Ovviamente ragiono (e per una volta sarebbe bene che lo facessero anche i governanti)e leggo le cose con gli occhi della realtà pura e non mediata dalle teorie economiche. Noi che dovremmo essere quelli che dovrebbero "approfittare " di questi incentivi abbiamo realmente bisogno di un'auto nuova,di un nuovo frigorifero o di mobili nuovi?A meno che non stiamo per formare una nuova famiglia(e ci vuole coraggio ora)la risposta sarebbe no,e se anche ne avessimo bisogno preferiremmo aspettare.
Nelle nostre case abbiamo più di una televisione, magari anche più di un frigorifero,più di un'auto, più di tutto..
Abbiamo comprato,comprato,comprato...ora le ns case e i ns garage sono pieni di ogni bene.
Se qualcuno di noi sa di avere qualche liquidità certamente non compra ora perchè quel frigorifero che si è rotto con una manutenzione di 200,00 euro mi consente di risparmiare molto di più che acquistandolo nuovo e con l'incentivo.L'auto può essere anche revisionata per la seconda e terza volta...e così via.
Con gli incentivi le industrie magari fabbricherebbero qualche pezzo in più che andrebbe però ad ampliare l'enorme scorta in magazzino nel caso fosse vuoto(?)
Non abbiamo bisogno in realtà di nulla,perchè tutto ciò che era acquistabile e anche inservibile lo abbiamo pagato in contanti o a rate. con le rate infinite abbiamo soddisfatto la ns innata voglia di avere tutto.
La ricerca forse riuscirà ad inventare qualcosa di nuovo di cui non potremmo fare a meno e a quel punto potremmo sentire l'esigenza di comprare,comprare,comprare
Ma la ricerca non è gradita.

Autore:  formica [ 21/02/2009, 10:24 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

Domenica ha scritto:
Non abbiamo bisogno in realtà di nulla,perchè tutto ciò che era acquistabile e anche inservibile lo abbiamo pagato in contanti o a rate. con le rate infinite abbiamo soddisfatto la ns innata voglia di avere tutto

Considerazioni molto condivisibili, sul piano personale.
In effetti evremmo anche bisogno di case piu' grandi in cui mettere tutte le cose che compriamo.
Non ho problemi a buttare piatti sbeccati e cose vecchie, ma non so più dove mettere i libri.
E quello mi dispiace ma non li butto.

Tuttavia se allarghiamo l'orizzonte oltre il piano individuale osserviamo che l'attuale crisi ha da noi l'effetto che hai riassunto: la gente compra meno e risparmia, tanto in fondo ha tutto o quasi tutto e quindi si concentra sugli acquisti dei beni deperibili e dei servizi periodici. Ma c'è un altro effetto, sulla parte povera del mondo, che è assai più drammatico. La fame. Nel 2008 c'è stato un drammatico aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell'energia (necessaria per la coltivazione moderna). Inoltre oggi la crisi, quel nostro non comprare, ha grossi riflessi sulle economie emergenti (il cosiddetto BRIC: Brasile, Russia, India e Cina).
La depressione e la descrescita la' diventano fame e morte.
Un problema drammatico che non è riducibile in numeri ma almeno questi ci permettono di dare una occhiata qualntitativa ad un problema che è globale.
Gli uomini denutriti (a rischio fame) sono 800'000 milioni su 6 miliardi e 700 milioni.
È circa il 12%. Ogni anno nascono circa 85-90 milioni di persone.
Ebbene il numero di persone affette da denutrizione lo scorso anno è aumentato di 40 milioni, quindi quasi la metà dei nuovi nati. Questo puo' farci capire che la crisi significa miseria per milioni di persone, mentre magari per noi è solo un momenti di apprensione per il futuro, un periodo di disoccupazione (molti con buoni sussidi economici) e di pausa nei frenetici acquisti.

Ciao,
Francesco

Autore:  androcom [ 21/02/2009, 11:28 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

C’è una differenza tra il concetto di decrescita proposto da Serge Latouche, economista e filosofo francese, e il concetto di recessione. Tuttavia è comprensibile il senso delle parole di Francesco. Ma la situazione mondiale, per quanto ho potuto leggere e apprendere (la mia fonte di informazione è il Corriere della Sera), è assai più preoccupante di quella correttamente esposta da Francesco. Su 7 miliardi di persone (in prospettiva), circa 5 miliardi sono poveri. Forse hanno un lavoro, hanno un reddito, ma molto basso e precario. Ma nel ricco occidente (intendo per occidente gli USA, l’Europa e il Giappone) la vita della classe media non è di perfetta qualità. Ci sono malati psichici, suicidi, i famosi ragazzi giapponesi che vivono chiusi in camera tutto l’anno. In un mio viaggio a Roma mi trovano questa estate come turista davanti al Parlamento, dove c’era in corso una protesta contro il Governo, e i lavoratori dicevano in un manifesto: “finito di lavorare troviamo i negozi chiusi”. Le 8 ore lavorative, celebrate dal sindacato come progresso (in luogo delle 10/12 ore precedenti) sono vera qualità della vita ? 4 ore al mattino e 4 ore al pomeriggio significano lavorare tutto il giorno per 5 giorni alla settimana. E’ vero che il sabato e la domenica c’è il riposo, ma il giorno lavorativo della settimana non dovrebbe avere anch’esso un momento di svago, di libertà, di consumo, oltre la risicata sera, in cui ci si fa la doccia, si mangia e poi si deve andare a dormire, perché la mattina si deve andare al lavoro ? E i pendolari stanno fuori casa anche 12 ore (8 di lavoro, 2 di viaggio – 1 di andata e 1 di ritorno – e 2 ore per la pausa pranzo fuori di casa). Intendo sottolineare la qualità della giornata lavorativa, confermata dal fatto che gli insegnanti lavorano a scuola solo la mattina (il pomeriggio preparano le lezioni, ma comodamente a casa), e i dipendenti pubblici lavorano mediamente 7 ore. In questo senso, “decrescita” potrebbe significare minore esaperazione della condizione lavorativa, resa dura dalla competizione, e quindi minore competizione (ben inteso, un orario minore a parità di reddito, anzi con un reddito superiore). Per ottenere ciò ci deve essere meno concorrenza, meno volontà di arricchimento, meno profitti, e quindi meno innovazione, la quale a volte non serve. Ma senza crescita, innovazione, progresso, la storia si ferma e l’uomo si sente alienato. Di qui l’importanza della religione, perché l’uomo, senza religione, si sente alienato e diventa capace di violenza. Ci sono tante cose, accorgimenti che un governo di una nazione può fare per migliorare la qualità del lavoro. Ad esempio, i salesiani sono soliti dare internet al personale che svolge compiti di portineria. Si dovrebbe imporre agli studi professionali di dare internet alle segretarie. Ciò segnerebbe un calo del rendimento, a fronte però di un miglioramento della condizione lavorativa. E’ solo un piccolo esempio per mostrare come una maggiore sensibilità verso il lavoratore possa rendergli la vita meno dura. Poi c’è la disoccupazione, le crisi da sovraproduzione, ecc.. Credo che pensatori come Serge Latouche siano importanti per dimostrare come l’intero sistema economico e di vita occidentale debba essere profondamente ripensato. La crisi attuale è un’occasione per farlo.

Autore:  formica [ 21/02/2009, 12:30 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

androcom ha scritto:
C’è una differenza tra il concetto di decrescita proposto da Serge Latouche, economista e filosofo francese, e il concetto di recessione.
....
In questo senso, “decrescita” potrebbe significare minore esaperazione della condizione lavorativa, resa dura dalla competizione, e quindi minore competizione (ben inteso, un orario minore a parità di reddito, anzi con un reddito superiore). Per ottenere ciò ci deve essere meno concorrenza, meno volontà di arricchimento, meno profitti, e quindi meno innovazione, la quale a volte non serve. Ma senza crescita, innovazione, progresso, la storia si ferma e l’uomo si sente alienato.

SÌ, c'è differenza nel senso che la proposta di Latouche è appunto un concetto proposto (basato su premesse che dovremmo analizzare per vedere se la proposta ha senso) mentre recessione e depressione non sono concetti ma nostri modi di chiamare cose che periodicamente succedono nella realtà e che non sono affatto positive.
La lista di quei "meno" che hai fatto porta alle conseguenze che hai detto. Ed in piu' la decrescita porta ad una riduzione della popolazione e secondo me ad un incremento delle disparità. Qui è un discorso complesso e lo posso affrontare un'altra volta. Mi interessa ora l'idea che sia possibile bloccare o anche rallentare artificialmente la crescita. Non credo che sia possibile bloccare o anche solo rallentare artificialmente tutte quelle cose, soprattutto la ricerca e l'innovazione. D'accordo che molte cose non servono ma quello è solo un aspetto industriale e tecnologico. Lo scienziato scoper il laser, l'ingegnere trova l'applicazione per i CD, per la chirurgia oculare e cento altre cose. Non tutte servono ma è il mercato a decidere il successo di una invenzione, non una sorta di gigantesca spectre che esamini le invenzioni e decida questa si, questa no.
Intanto le persone vogliono stare meglio ed è ormai nel nostro DNA culturale il fatto che per stare meglio occorre crescere (nei saperi, nella qualità di quello che si fa etc). Siccome l'innovazione è l'elemento trainante e siccome l'innovazione è assolutamene imprevedibile ed ingovernabile, ecco che non è possibile assolutamente fare previsioni e governare alcun processo futuro.
Nel senso che per governare il domani noi dobbiamo avere una teoria che ci permetta di prevedere come sarà la realtà e come saranno i risultati delle nostre azioni. È stato abbondantemente dimostrato che questo non è possibile (per la imprevedibilità dell'innovazione) e per i dettagli rimando a Miseria dello Storicismo, di Karl Popper.
Secondo me i principi (le premesse) su cui si basa la teoria della decrescita sono sbagliati e l'obbiettivo è irrealizzabile, come qualsiasi progetto storicistico e fururistico.
Ovviamente l'idea in se è buona, nel senso che contiene tante cose di buon senso e condivsibili ma per passare dall'idea al progetto ed alla realizzazione ci sconteremmo con il dato di fattto che già dopo 10 anni la realtà che stiamo cambiando è cambiata di suo, per l'innovazione.
Parlamoci chiaro: chi immaginava 100 anni fa lo sviluppo delle automobili? E 60 anni fa lo sviluppo dei media TV, chi immaginava solo neglianni 70 lo sviluppo dei computer o negli anni 90 lo sviluppo di Internet? Oggi abbiamo lo sviluppo delle nanotecnologige, poi la robotica, poi chissà cosa.
Appunto, non possiamo saperlo. Non possiamo sapere cosa guiderà la crescita. Figuriamoci una decrescita.
Sarebbe come una saponetta che ci sguscia di mano ogni anno.
Per realizzarla occorrerebbe una dittatura globale e ... mi dispiace ... il film l'ho già visto.

Francesco

Autore:  Domenica [ 21/02/2009, 13:37 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

condivido ovviamente ciò che affermi.Mi occupo anche di queste cose all'interno del mio lavoro. Riconosco purtroppo che spesse volte i problemi del ns "orticello" allontanano dalla ns mente i problemi del mondo.
Posso però assicurarti che non stiamo vivendo un problema di identità causato dalle restrizioni che forse psicologicamente ci stiamo imponendo.
Vivo in Abruzzo e conosco per ovvi motivi di lavoro anche la situazione delle regioni limitrofe.
Qua la gente non è che non compra perchè vuole "aspettare",qua la gente non compra perchè non ha più nulla.Operai,imprenditori,classe media.
Anche le piccole aziende dei cinesi hanno gravissimi problemi.
Quando citavo i mancati acquisti che si registreranno nonostante gli incentivi non stavo facendo catastrofismo stavo solo leggendo ad alta voce la realtà.
Le nazioni europee- compresa la ns- avevano preso anni fa degli impegni con il sud del mondo.Nulla,la ns amata nazione non è riuscita a mantenere l'impegno allora.figuriamoci ora, sia chiaro però che non sto giustificando nessuno nè voglio assolutamente esimermi dal cercare di trovare una soluzione condivisibile per tutti.
P.S. parlare con tutti voi comunque è l'unica nota positiva in tutto il caos che c'è attorno...almeno le voci che appaiono su questa piattaforma dicono qualcosa di sensato e mettono in circolo idee,riflessioni che altrimenti solo in campo accademico potrebbero avere luce.
Grazie a tutti

Autore:  androcom [ 21/02/2009, 14:08 ]
Oggetto del messaggio:  Re: OSARE LA DECRESCITA

Francesco ha ragione quando dice che la decrescita non è forse possibile e neppure auspicabile. Aggiugo che, anche grazie a questa crisi, si è presa consapevolezza che il mondo è giudato da politici responsabili che fanno l’interesse della gente. La filosofia si è storicamente espressa nello storicismo, come l’hegelismo e il marxismo, tentando di comprendere le leggi nascoste della storia, allo scopo (paradossalmente) di guidare il processo storico, in base alla conoscenza delle sue leggi e della sua direzione. E’ un paradosso, perché se la storia ha una direzione, l’uomo non può certo modificarla solo perché ne conosce il percorso: se modifico una direzione in base alle sue leggi, allora non c’era alcuna direzione ed alcuna legge. Ma io credo che Popper abbia sottovalutato la natura e egli scopi dello storicismo. La storia è destino o scelta ? La rivoluzione francese è destino o, in quanto rivoluzione, è stata una scelta ? Credo si possa dire che la direzione sia una sequenza di scelte che tengono conto non delle leggi della storia, ma delle leggi della società. Nel tentativo di guidare la storia, attraverso un insieme di scelte, Francesco dice che questa capacità di direzione troverebbe un limite nell’innovazione, cioè nell’imprevedibilità della scoperta scientifica. Io ritengo che ci sia un limite anche nell’innovazione stessa. Ad esempio: trovato il DNA dell’uomo, l’uomo può cercare di combattere le malattie o di migliorare la specie, ma oltre il DNA non c’è “novità”; l’uomo vuole passare dal computer di atomi al computer di quanti, ma si tratta sempre del computer, non di una “forma nuova”, è un computer immensamente più potente, ma non può offrire nuovi vantaggi che non siano la mera velocità di funzionamento; dopo il treno, l’automobile, l’aereo, il computer, il DNA, ecc., non credo ci siano nuove forme, così come gli oggetti del cosmo e gli oggetti interni all’atomo non potrenno essere sempre nuovi: saranno sempre gli stessi, la velocità della luce non può essere superata, e quindi la capacità dell’uomo di intervenire sulla materia trova un limite assoluto. L’innovazione a un certo punto si ferma, e l’uomo dovrà cercare i modi di convivere con la “stasi storica”. La dittaura globale, evocata da Francesco, chiude coerentemente il suo intervento: proprio nella stasi storica l’uomo può essere tentato dalla violenza verso i suoi simili. La dittaura globale diverrebbe la maschera per nascondere l’incapacità della società di progredire indefinitivamente.

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