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 Post subject: Re: OSARE LA DECRESCITA
PostPosted: 21/02/2009, 15:33 
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Joined: 14/02/2009, 11:44
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androcom wrote:
Ad esempio: trovato il DNA dell’uomo, l’uomo può cercare di combattere le malattie o di migliorare la specie, ma oltre il DNA non c’è “novità”; l’uomo vuole passare dal computer di atomi al computer di quanti, ma si tratta sempre del computer, non di una “forma nuova”, è un computer immensamente più potente, ma non può offrire nuovi vantaggi che non siano la mera velocità di funzionamento; dopo il treno, l’automobile, l’aereo, il computer, il DNA, ecc., non credo ci siano nuove forme, così come gli oggetti del cosmo e gli oggetti interni all’atomo non potrenno essere sempre nuovi: saranno sempre gli stessi, la velocità della luce non può essere superata, e quindi la capacità dell’uomo di intervenire sulla materia trova un limite assoluto. L’innovazione a un certo punto si ferma, e l’uomo dovrà cercare i modi di convivere con la “stasi storica”.

È veramente un tema avvincente.
Non so ce ci sono limiti o se l'umanità riuscrà a stupirci millennio dopo millennio.
Non lo posso prevedere. Vedo solo il passato e vedo che le cose che abbiamo oggi erano impensabili solo pochi decenni fa. Soprattutto sorprende la nostra abilità di creare. Prendiamo il tema dell'energia. Vero che molta dell'energia consumata in passato, ed anche oggi, non era rinnovabile. Ma in ogni epoca abbiamo saputo "inventare" nuove fonti, facendo diventare fonte di energia cose che avevamo già sotto gli occhi e che non usavamo. Dopo la legna il carbone, dopo il carbone il petrolio, che fino a 200 anni fa era una robaccia puzzolente che sgorgava da qualche parte e non sapevamo che farcene. Oggi usiamo l'uranio, che 100 non sapevamo nemmeno cosa fosse ed usiamo il sole. Il vento lo abbiamo sempre usato, ma mai in modo cosi' efficace come oggi. Per il domani abbiamo forse la fusione ed altre materie come il Torio. Certo che se 100 anni fa avessimo rallentato il ritmo di crescita delle nostre conoscenze, non so come saremmo messi oggi.

Non so se l'innovazione avrà un limite. Forse in un lontano futuro. Non dico di no. La nostra abilità è proprio quella di estendere i limiti del sistema. Se il nostro fosse un sistema chiuso allora si' che prima o poi saremmo confrontati con i limiti ma noi sappiamo espandere i confini del sistema. Sono quindi ottimista.

Tanto che concludo volentieri con una nota scherzosa :-)
Un tipo ad una conferenza sulla futura estnizione dell'umantità, finita la esposizione inizale chiede al relatore:
<<scusi, quando ha detto che dovremmo estinguerci?>>.
L'altro risponde <<Otto milioni di anni!>>.
<< Ah - replica lo spettatore - avevo capito ottocentomila, e mi stavo già preoccupando!>>

Ciao,
Francesco

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 Post subject: Re: OSARE LA DECRESCITA
PostPosted: 21/02/2009, 21:10 
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Joined: 04/02/2009, 15:47
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Oltre alla innovazione, il progresso richiede l’estinzione della povertà. L’esistenza stessa della povertà, la sua sola esistenza, già è elemento sufficiente per dire che il progresso e l’evoluzione non esistono. Inoltre, l’esistenza e l’estinzione della povertà non è un problema economico, ma politico. Certamente, l’evoluzione e il progresso esistono, ma non in forma ingenua, bensì in forma complessa. L’asimmetria nella ricchezza tra i popoli e tra le classi sociali ha portato alcuni a sperimentare per primi la ricchezza, il benessere, il lusso, il potere. Ora tutto ciò deve essere esteso, ma non dipende da un processo necessario, bensì da determinate condizioni storiche e dalla scelta: l’evoluzione e il progresso, nell’uomo e nella storia, includono l’etica. Questa scelta determina il progresso e l’evoluzione. L’umanità si trova di fronte a questa scelta. L’equilibrio è difficile. I ricchi e chi ha il potere non hanno tutta questa responsabilità. Essa dipende anche dalle condizioni. Può accadere che un povero e una nazione povera non abbiano la capacità di arricchirsi responsabilmente. Anch’io sono ottimista, sebbene mi reputi realista. Un cristiano deve essere ottimista. Ha scritto Papa Ratzinger quando era cardinale: “non sappiamo attraverso quali vie il Signore salverà la Chiesa, la storia e l’umanità, ma sappiamo che alla fine lo sbocco sarà positivo”.


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 Post subject: Re: OSARE LA DECRESCITA
PostPosted: 21/02/2009, 22:17 
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Joined: 14/02/2009, 11:44
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androcom wrote:
Oltre alla innovazione, il progresso richiede l’estinzione della povertà. L’esistenza stessa della povertà, la sua sola esistenza, già è elemento sufficiente per dire che il progresso e l’evoluzione non esistono. Inoltre, l’esistenza e l’estinzione della povertà non è un problema economico, ma politico.

La definizione moderna di povertà oggi non è di tipo assoluto ma relativo.
Vero che è problema politco perchè è la politica che definisce il concetto di povertà.
Si è poveri quando si è sotto una certa soglia media di reddito, anzi mediana.
Piu' precisamente un certo percentile: il venticinquesimo, di solito. ma non importa che sia il ventesimo o il 30°.
Importa che, per definizione, la povertà esiste sempre. Anche la Svizzera ha i suoi poveri. Anche la Svezia.
Siamo prigionieri della definizione che ci siamo dati e del fatto che (per fortuna) non siamo tutti uguali, cloni, fotocopie, ma siamo tutti diversi.

C'è poi un problema, emerso di recente.
Anche se in una immaginaria simulazione fossimo tutti uguali, con lo stesso skill, lo stesso know-how, lo stesso capitale economico di partenza, abilità negli affari, capacità d'impresa e di innovazione, le stesse basi di opportunità sociale e culturale, la stessa salute, .... ecco dopo 5 anni saremmo tutti diversi.

Qualcuno sarebbe piu' ricco. Qualcuno piu' povero.
Questo è stato sperimentato nell'ambito di un progetto di ricerca, con modelli computerizzati.
È tra l'altro interessante la spiegazione del motivo, anche se è lunghetta da raccontare.

Ma forse non importa, perchè è sotto gli occhi di tutti che non siamo tutti uguali, perché ognuno di noi ha capacità e potenzialità diverse, perché siamo in una società in cui queste diverse capacità sono implicate (e premiate) in diversi compiti, mestieri, attitudini, aspirazioni, tendenze.

Quello che chiedi, pur auspicabile, è impossibile.
L'innovazione ed il progresso non possono dare quello che chiedi.
Possiamo solo ristribuire ed alleviare le asperità di chi ha meno successo. Possiamo ridurre il numero dei poveri, farli uscire dalla soglia della povertà. Ma altri ci entreranno.
Certi che se fermiano l'innovazione, se fermiamo lo sviluppo, sarà ancora peggio.
L'innovazione ed i progresso sono come un motore.
Poi cosa decidiamo di trainare (un carrello, una roulotte, un TIR) è compito della politica.
Poi se il traino è troppo pesante o se regoliamo male il motore, la carburazione, questo si ferma. E sarebbe un disastro.

Certo che si puo' anche rischiare, ma significherebbe la morte per centinaia di milioni di persone.
E vorrei vedere chi si prenderebbe la responsabilità di decidere chi vive e chi muore, andando poi anche a dirlo in faccia ai diretti interessati.
Io non oserei.

Ciao,
Francesco

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 Post subject: La soglia della “dignità” come principale obiettivo politico
PostPosted: 22/02/2009, 11:40 
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Joined: 04/02/2009, 15:47
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La soglia della dignità di una persona, intesa come il minimo indispensabile per ogni persona umana e quindi come principale obiettivo politico, potrebbe essere così descritta:

1.] essere in un appartamento in affitto [con una famiglia di 4 persone: marito, moglie e due figli] in uno spazio di almeno 80 mq.
2.] avere un lavoro distante non più di 30 minuti di viaggio (andata).
3.] lavorare non più di 8 ore al giorno per non più di 5 giorni alla settimana.
4.] avere un lavoro appagante e stabile, o almeno non alienante, con postazione dotata di connessione internet per poter distrarre la mente.
5.] avere un reddito di almeno 1000 Euro al mese tolte le tasse, l’affitto, le spese, cibo e vestiti, e le spese per l’istruzione dei figli.
6.] avere almeno un diploma.
7.] poter trascorrere almeno 2 mesi di vacanza all’anno, inclusi Natale (15 giorni) e Pasqua (7 giorni). Quindi vacanze estive di non meno di 45 giorni.
8.] disporre a casa di 3 televisori e 3 computer con connessione ADSL.
9.] avere positive relazioni sociali con i condomini, la parrocchia, un partito, il comune, altre famiglie e degli amici (l’isolamento sociale è indice di povertà nelle relazioni e quindi di sofferenza psichica).

Stare al di sotto di un certo numero di queste condizioni (che non saprei individuare) potrebbe significare essere “poveri” in senso lato.


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 Post subject: Re: La soglia della “dignità” come principale obiettivo politico
PostPosted: 22/02/2009, 20:21 
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Joined: 14/02/2009, 11:44
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androcom wrote:
1.] essere in un appartamento in affitto [con una famiglia di 4 persone: marito, moglie e due figli] in uno spazio di almeno 80 mq.
2.] avere un lavoro distante non più di 30 minuti di viaggio (andata).
3.] lavorare non più di 8 ore al giorno per non più di 5 giorni alla settimana.
4.] avere un lavoro appagante e stabile, o almeno non alienante, con postazione dotata di connessione internet per poter distrarre la mente.
5.] avere un reddito di almeno 1000 Euro al mese tolte le tasse, l’affitto, le spese, cibo e vestiti, e le spese per l’istruzione dei figli.
6.] avere almeno un diploma.
7.] poter trascorrere almeno 2 mesi di vacanza all’anno, inclusi Natale (15 giorni) e Pasqua (7 giorni). Quindi vacanze estive di non meno di 45 giorni.
8.] disporre a casa di 3 televisori e 3 computer con connessione ADSL.
9.] avere positive relazioni sociali con i condomini, la parrocchia, un partito, il comune, altre famiglie e degli amici (l’isolamento sociale è indice di povertà nelle relazioni e quindi di sofferenza psichica).

Sono discrete condizioni per noi occidentali, salvo che per me 80mq sono pochi, soprattutto con 4 persone, con 3 televisori e 3 computer. Ne servono 20~25 in più, come minimo. Si puo' discutere del punto 5, dato che dipende dal costo della vita. Di solito pero' si calcola il reddito disponibile, che non comprende tutti gli elelementi che elenchi ma solo imposte, contributi e sanità.
L'affitto non lo si calcola mai (anche perché non pochi sono in casa propria) e non si ci calcola mai vitto ed alloggio perché dipendono da troppe variabili soggettive di spesa.

Diciamo che nei paesi seri, in cui c'è un reddito minmo o di cittadinanza (quindi non l'Italia ma quasi tutta Europa) l'importo "minimo" che dici è calcolato come il minimo non pignorabile e corrisponde al minimo vitale (sulla base del locale costo della vita). Viene calcolato sulla base della composizione del nucleo familiare.

Mi chiedo pero' come possono essere sostenibili i due mesi di vacanza.
Una assenza di due mesi crea problemi logistici non semplici.
Per esempio in una fabbrica. Ma anche in un ufficio.

Chiunque gestisca una azienda produttiva (in tutti i sensi, soprattutto non in deficit) puo' comprendere cosa significa se i suoi dipendenti sono assenti 2 mesi all'anno. O si chiudono fabbriche ed uffici per due mesi oppure il problema dei turni attorno alle macchine e alle scrivanie mi pare complesso, sul piano logistico. Mi pare una riedizione, sotto diverse spoglie, delle 35 ore, che già tanti disastri hanno fatto e che sono state mi pare ovunque eliminate o assorbite.

Mi puoi spiegare su che base logica (a parte il fatto che a tutti - e soprattutto in Italia - piace lavorare poco) proponi due mesi di ferie? Per renderla operativa a parità di stipendio (problemi logistici a parte) serve un guadagno di produttività dell'8% ed oggi che siamo in crisi non vedo alle porte una simile opportunità.

Secondo me se uno vuole stare a casa di piu', lavora all'80% al 60% etc.
Ma deve guadagare proporzionalmente di meno.

Ho una mia ditta e non darei mai due mesi di ferie, di mia spontanea iniziativa.
Se un mio concorrente lo facesse, io sarei del 8% piu' economico (a parità di qualità) e produrrei un 8% di volume in piu' di beni e servizi) a parità di produttività. Quindi potrei permettermi di pagare meglio i miei dipendenti e di scegliermi i migliori.Alla fine i peggiori finirebbero per lavorare dove si lavora di meno.

Potrebbe essere una cosa imposta a tutti per legge, in anazione, ma credo che alla fine ci guadagnerebbero i paesi che non adottassero questa normativa. Quindi non creo che qualcuno lo farà.
Forse gradualmente ci arriveremo tra qualche secolo. ma non è certo una rivendicazione dell'oggi.

Francesco

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 Post subject: Re: OSARE LA DECRESCITA
PostPosted: 22/02/2009, 21:42 
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Joined: 04/02/2009, 15:47
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L’osservazione di Francesco mi consente di precisare il mio pensiero. Comprendo che non si può lavorare meno, soprattutto con la competizione globale e la fabbriche che si trasferiscono all’estero (per minori costi a parità di produttività). Certamente la mia proposta è una utopia, ma non ho desiderato assecondare il desiderio di lavorare di meno. Essa può realizzarsi se tutto il sistema economico globale si struttura in modo da dare a ciascun individuo queste condizioni. Inoltre io ho posto come condizione 8 ore lavorative al giorno che, se sono troppe, sono comunque eque, e sono quelli applicate oggi in Occidente. La proposta dei 2 mesi, applicabile quindi se attuata da tutte le imprese e imposta per legge (anche in Cina, cioè), deriva dall’esempio degli insegnanti. Se un insegnante non deve presenziare agli esami di stato, egli si fa non 2 mesi, ma (tolte le riunioni) anche 3 mesi e mezzo di vacanza in tutto l’anno (e si è sentito il personale di segreteria lamentarsi per questo …). Lavorano 18 ore alla settimana (con la media di 3,6 ore al giorno, tolti la domenica e il giorno libero) (a casa nessuno li controlla), e guadagnano circa 500/400 Euro mensili più di un operaio (800 Euro) e di una segretaria d’azienda (900 Euro), che lavorano 8 ore al giorno e 40 alla settiama. Ma non dico questo per sottolineare una ingiustizia, ma, al contrario, per equiparare tale condizione degli insegnanti a uno standard che dovrebbe essere esteso a tutta la società. Questo non significherebbe la disgregazione della società nella pigrizia. Io, per mia esperienza personale, ho sentito un giorno una segretaria lamentarsi, perché il principale non le consentiva di uscire alle 17:00 anziché alle 18:00, permettendole di svolgere le sue 8 ore prima, saltando, con un veloce panino, le due ore della pausa pranzo. Egli non lo ha concesso per non creare un’ingiustizia con tutto il personale, che poi tutti fanno così e l’azienda chiude prima, e dopo le 17:00 chi riceve gli ordini ? Però questo episodio mi ha consentito di riflettere su un punto, che riguarda la qualità del lavoro associata al suo rapporto con il tempo libero:

1.] si calcoli la quantità di lavoro per 8 ore (per una segretaria, il numero delle fatture immesse o delle pratiche svolte);
2.] si dice al dipendente: puoi scegliere se lavorare 8 ore, oppure anche 6 ore, ma in questo caso devi svolgere, nel tempo di 6 ore, il lavoro di 8 ore, anzi di 9.

Io sono certo che il lavoratore lavorerà di più per liberarsi e uscire prima, aumentando la propria produttività (che poi, come diceva quella scrittrice francese, ogni dipendente da 8 ore sa trovare il modo di lavorare meno di 8 ore: è umano, tutti fanno così. Spesso cioè le 8 ore sono una inutile “trappola”, a cui non corrisponde una effettiva produttività. Io lavoro ogni giorno 4 ore e 4 ore (in tutto 8 ore), ma mai 4 ore “di fila”: “stacco” con internet, con il mangiare un panino, con l’alzarmi dalla sedia, e con altre piccole strategie).
Inoltre, molto lavoro (ad esempio caricare le fatture) potrebbe essere svolto a casa col portatile dell’azienda. Si è parlato tanto anni fa di tele-lavoro, ma poi nessuno lo ha applicato realmente, perché si è capito che a casa non c’è il controllo sulla produttività che c’è in azienda. Ma se essa fosse calcolata per quantità di pratiche, il problema sarebbe risolto e aumentarebbe la qualità del lavoro, perché lavorare a casa è più comodo.
Francesco giustamente rileva il problema della produttività. Io sottolineo la necessità di curare la qualità del lavoro per renderlo più piacevole: in questo modo anche la produttività può aumentare. Certo, ciò che rileva Francesco è un problema assai grave, perché la crisi del Paese è legata ancha alla poca produttività, e non è di certo questo il tempo di allungare le vacanze ! Io ho proposto un’utopia, che può realizzarsi proprio solo se tutto il sistema economico viene “forzato” a farlo. Tuttavia vorrei precisare che quello che ho proposto riguarda la qualità della vita e del lavoro, la quale è in parte indipendente dalla variabile economica, essendo tale qualità una variabile psicologica. Con molto tempo libero molte persone però potrebbero cadere nel vizio, nella violenza, nella pigrizia. Anche la positiva (sana, morale) strutturazione del tempo libero costituisce una variabile a determinazione politica di non poco conto. Le 8 ore sono anche una forma di controllo sociale. Ma si è capito che a volte la criminalità, ad esempio, nasce perché alcuni uomini sono costituzionalmente avversi a lavorare “chiusi nello scatolino” (l’ufficio, lo studio, l’azienda) 8 ore di fila. Lo stato, invece di criminalizzare questi uomini, dovrebbe ripensare a fondo il sistema capitalistico e la competizione, perché solo alcuni sanno sopportarne le conseguenze, negli altri casi si sivluppa il disagio psichico, il quale può portare alienazione, sofferenza, violenza e criminalità. Io comprendo e giustifico questo disagio, perchè l'uomo è fatto per la libertà, non solo per il lavoro.


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 Post subject: Re: OSARE LA DECRESCITA
PostPosted: 22/02/2009, 23:57 
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Joined: 14/02/2009, 11:44
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androcom wrote:
... Lavorano 18 ore alla settimana ....

No, aspettiamo un attimo. Ne lavorano di piu', circa 24 (se parliamo degli insegnanti elementari) a meno che il calcolo di 18 ore non rapprensenti una media annuale ...
Inoltre il caso italiano è una rara eccezione. Nel mondo gli insegnanti lavorano in media 34 ore (dato OECD, education at a glance, ultima edizione) ed in certi paesi 40 .... 45 ore. Ed ovviamente guadagnano molto di piu'. Circa il doppio. E non hanno tutti quei mesi d'estate, perché sono a disposizione delle segreteria, salvo il mese di ferie ufficiale (e devono dire quando lo fanno). Che poi da noi nessuno li chiami è altra storia.

Il caso che poni per la segretaria (e non solo lei) tuttavia è giusto, solo che è risolvibile con l'orario elastico.
Il dipendente deve fare otto ore, pagate otto ma puo' scegliere l'orario di ingresso e di uscita all'interno di una fascia di 12 ore, che va dalle sette di mattina alle sette di sera. Cosi' puo' uscire qualche volta prima se ha bisogno. Ci sono modelli contrattuali che calcolano il saldo nell'ambito della settimana di 40 ore. Quindi oggi faccio 9 ore, domani 7. Oppure se questa settimana ho fatto 44 ore, la prossima posso stare a casa mezza giornata. Questo se si lavora al 100%. Se si decide di lavorare all'80% o meno, si faranno meno ore e verremo pagati di meno.
Se poi la segretaria è brava e nelle sei ore farà il lavoro di otto ore ed io sono onesto, la paghero' di piu'. Se io non sono corretto e non la pago di piu', lei farà bene a cercarsi un datore di lavoro che la paghi per il lavoro che sa fare. Ma è il mercato che decide, non la legge. Come fa la legge a stabilire che uno sa fare in 6 ore il lavoro di 8?

Tornando alle vacanze, se aumenta la produttività è giusto aumentare sia stipendio sia tempo libero.
Ma mi sono spesso chiesto cosa succederebbe se in un lontano futuro tra robotica, computer e incrementi di produttività io lavorassi (e tutti lavorassimo) 1 giorno solo all'anno (dedicato a stringere qualche bullone, oliare un ingranaggio, aggiornare un programma).
Perchè mai qualcuno dovrebbe pagarmi tanto per quel giorni di lavoro, tanto da vivere un anno?
E chi mai pagherebbe le imposte se a lavorare fossero solo computer e robot?

Il limite dell'efficenza economca è che noi non faremmo piu' nulla, se non divertirci, e che tutto sarà gratis.

È auspicabile come traguardo?

Francesco

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