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 Post subject: La cultura dell'immagine e il futuro della politica
PostPosted: 20/02/2009, 16:53 
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Joined: 04/02/2009, 15:47
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Si dice che oggi nella competizione elettorale fa premio l’immagine: il candidato è eletto non tanto per il suo programma politico, ma per come “appare” e sa “vendere” la propria immagine. Si ritiene che questa cultura appartenga ad una visione della politica “di destra”. La destra non fa politica per il popolo, ma per difendere l’interesse dei ricchi. La sinistra, parte politica di estrazione del popolo, agisce invece con un programma “di sostanza”. Posto che oggi premia la cultura dell’immagine, come il popolo vede la destra e la sinistra ? Nella cultura dell’immagine, è forse la destra ad essere destinata a vincere la competizione elettorale. Infatti, l’immagine scatena il processo di identificazione con il leader, di destra e di sinistra: chi vota il leader ricco, si sente ricco, chi vota il leader “dei poveri” (i lavoratori), si sente povero. Ecco, dunque, che la destra, rappresentata dai ricchi, vince perché offre di sé l’immagine “vincente” che corrisponde al proprio successo sociale, correlato alla ricchezza: il processo di identificazione fa sentire il popolo, anche se povero, come ricco. Per questo la destra offre di sé un’immgine “aristocratica”, mentre la sinistra offre di sé un’immagine che corrisponde alla parte del popolo da essa rappresentata: le fasce povere e la classe media, cioè un’immagine “bassa”, che si proietta sui leader, e che viene pagata, nel processo di identificazione elettorale, con l’insuccesso. Questa analisi spiega il successo elettorale della destra e il crollo elettorale della sinistra, successo e crisi associate alla rappresentazione della sinistra e della destra nell’immaginario del popolo in una competizione elettorale basata sul culto dell’immagine. Ma allora perché in America ha vinto Obama ? Perché egli ha saputo darsi un programma di sostanza, ed ha espresso un’immagine di competenza nell’affrontare i problemi. Ma questo non è sufficiente. Egli ha vinto perché c’è stata la crisi finanziaria, e la paura per le sorti dell’economia del Paese ha “svegliato” il popolo, spostando la competizione elettorale dalla cultura dell’immigine, e cioè dal “sogno” del processo di identificazione, al “peso” della sostanza del programma e della competenza necessari per affrontare concretamente la crisi dell’economia. Inoltre, McCain, pur essendo di destra, non rappresentava l’immagine della ricchezza (essendo un militare), e non poteva quindi scatenare l’immaginario popolare ad essa associato. C’è inoltre un limite al processo di identificazione e alla cultura dell’immagine: il leader ricco dà l’immagine di un uomo felice, e il popolo che lo vota si sente ricco e felice. Ma (come in un periodo di forte crisi), se il popolo soffre troppo, allora la ricchezza, anziché scatenare il sogno di essa nell’immaginario collettivo, può invece creare ripulsa, per la differenza tra la condizione sociale del leader ricco e a quella in cui vive la maggior parte della popolazione. In un tempo di forte crisi economica, il processo di identificazione potrebbe portare la popolazione (come nel caso della vittoria di Obama) a identificarsi con un leader di estrazione sociale popolare, in cui il popolo può più facilmente proiettare la propria condizione. Tutto ciò mostra quanto sia vuota la politica fondata sul culto dell’immagine: la politica deve infatti risolvere scientificamente i problemi della gente ed assecondare i bisogni del popolo, e non servire solo a scatenare processi di identificazione finalizzati a farlo “sognare”. Questi processi sono invece l’essenza della democrazia, in cui la lotta tra i partiti serve a scatenare la proiezione, in essa, del conflitto classista insito nel sistema sociale. Questo conflitto è causato dalla prevaricazione dei ricchi sul popolo, ma anche dall’invidia del popolo per la loro ricchezza. La destra si è fatta parte politica per difendere i ricchi da tale invidia, cioè per il mantenimento dell’ordine sociale, nel quale è certamente necessaria l’esistenza di una classe sociale ricca e privilegiata. La sinistra è, invece, la parte politica che fa l’interesse di tutto il popolo. Quando la sinistra fa l’interesse anche dei ricchi e difende i loro privilegi, la destra ha esaurito storicamente la sua funzione politica. La sinistra diventa così la cultura giuridica della scienza e del sapere che si fa politica per risolvere con la tecnica e con la competenza scientifica i problemi del popolo. Non nella tecnocrazia, perché questa soluzione è comunque “politica”, essendo essa basata sulla mediazione del conflitto sociale, il quale è necessario e fisiologico. Il popolo, costituito dai ricchi e dalla classe media, ha, secondo il cristianesimo, un unico destino storico, che è la salvezza data da Cristo; tutti gli uomini hanno un destino “comune”, e per questo ogni uomo è “comunista” secondo natura. Il futuro della sinistra è quello di ereditare la guida politica della società perché siano rappresentati e contemperati gli interessi di ogni classe sociale.


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 Post subject: Re: La cultura dell'immagine e il futuro della politica
PostPosted: 20/02/2009, 18:19 
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Joined: 14/02/2009, 18:34
Posts: 1
In questa lunga dissertazione c'è un concetto di fondo ben illustrato, il culto dell'immagine; quest'ultima è sempre esistita (fin dalla civiltà greca) e negli ultimi 50 anni il benessere e la tecnologia (i mass media) l'hanno enfatizzato.

Poi ci sono dei passaggi condivisibili, ma è opininabile la dicotomia tra destra e sinistra ed il semplice conflitto classista. Le classi sociali e gli interessi diversi ci sono e ci saranno sempre, ma in questa società di servizi globali non si può ridurre il ragionamento solo a questa contrapposizione ideologica.

Ciò che va contrastato è l'assenza di valori o i disvalori a prescindere dagli interessi, pur leciti, di classe; l'eccessiva e frenetica necessità di apparire e la logica dell'immediato profitto ad ogni costo, mettono sempre l'uomo a servizio di e non al centro o fine ultimo.

Il benessere dei paesi avanzati è basato sullo sfruttamneto di altri paesi più poveri (una rivisitazione del colonialismo dei secoli scorsi o dalle dominazioni storiche) per la manodopera, per le risorse naturali, per lo sfruttamento sessuale, per le discarche illegali. Notizia di oggi sulla discarica in Nigeria di prodotti elettronici da Londra.

Ognuno di noi, conscio dei propri limiti, indossa una maschera pirandelliana ed accetta con ipocrisia tali controsensi della vita quotidiana, cercando di salvaguardare il benessere raggiunto e di perseguire i propri interessi. I mass media (se usati male) ed il culto dell'immagine esasperano questa attitudine.

Forse c'è bisogno di più silenzo, di recuperare la partecipazione politica della base, di una maggiore sobrietà, morigeratezza laica, concretezza, qualità della vita e coerenza.

Ma perchè dobbiamo perseguire la crescita del PIL come indice di benessere ?


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 Post subject: La funzione sociale dell’indicatore del PIL
PostPosted: 20/02/2009, 21:36 
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Joined: 04/02/2009, 15:47
Posts: 57
La condotta dell’uomo o è religiosa o è determinata (come rileva Freud) dalla pulsione di morte. Se è religiosa, l’uomo può controllare la pulsione di morte, vivendo nella stasi storica. Altrimenti l’uomo può vincere il sentimento di morte cercando di dominare il prossimo e nel movimento continuo della storia. L’uomo vince il senso del nulla anche accumulando continuamente la ricchezza. Se questa non si incrementa, la volontà di dominio porta l’uomo ad aggredire la ricchezza altrui. Quando l’indice del PIL non cresce, è segno che gli uomini dovranno aggredirsi reciprocamente per accumulare la ricchezza, quando invece esso cresce, è segno che viene prodotta nuova ricchezza e che quindi la volontà di accumulazione potrà trovare sfogo nell’accumulazione continua della nuova ricchezza prodotta. L’indice del PIL deve crescere per dare l’impressione che il movimento della storia è caratterizzato da un progresso crescente, il quale cresce come incremento indefinito di ricchezza, ovvero come dice il filosofo Severino, di “potenza”. La tecnica – egli dice – è incremento infinito di potenza, e la crescita infinita del PIL caratterizza questo incremento economicamente. Se il PIL cessa di crescere, la storia si ferma, e gli uomini sono aggrediti dal senso di nulla e di morte, e così cresce il conflitto sociale perché, in assenza di una continua crescita della ricchezza, gli uomini accumulano ricchezza solo sottraendosi reciprocamente quella disponibile. Come dice Severino (ma per altre e più profonde ragioni), la tecnica è follia: è infatti certamente follia il credere che il benessere consista nella continua crescita della ricchezza (come se l’uomo dovesse continuare a comprare televisori, più di uno per ogni stanza). Da un certo punto di vista può essere vero (infatti, l’uomo vorrebbe continuare a comprare case e terreni, imprese e nazioni), ma l’esempio dei religiosi, che fanno voto di povertà, dimostra che è possibile vivere anche separandosi dal moto del progresso. Dice Gesù: “guardatevi da ogni cupidigia, perché la salvezza dell’uomo non dipende dai suoi beni”. E inoltre: “qual vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria anima ?” (Mt 16, 16, 26).


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 Post subject: Re: La cultura dell'immagine e il futuro della politica
PostPosted: 21/02/2009, 9:59 
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Joined: 14/02/2009, 11:44
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mfenati wrote:
Ma perchè dobbiamo perseguire la crescita del PIL come indice di benessere ?

Il mio forse sarà un ragionamento da formicaio ma mi spieghi come potremmo vivere oggi in sei miliardi e mezzo sul pianeta se la ricchezza non crescesse?
Pensa che solo alla fine del 1800 si era un miliardo e mezzo. Oggi in 110 anni circa siamo cinque miliardi in più.
Ma vi rendete conto che il fatto che la ricchezza cresce permette sempre a piu' uomini di vivere e di vivere meglio e piu' a lungo?
Poi come ricchezza non c'è solo il denaro. Quello è un indicatore molto comodo per misurare cio' che accumuliamo ma in realtà noi produciamo ed accumuliamo saperi e cultura, oltre ai beni e riserve economiche.

L'accumulo e lo scambio di quanto accumulato è fondamentale per la vita umana da quando siamo passati dalla caccia all'agricoltura. E questo già ha consentito di passare da comunità di 35-50 persone in molti km quadrati a città che già in passato aveveno centinaia di migliaia di abitanti.

L'agricoltura è basata sull'accumulo, perché devi produrre (in poco tempo) abbastanza per sfamare per mesi e per seminare di nuovo. Quindi introduce il concetto di investimento e di difesa di questo investimento dai predoni o da altri anomali (roditori). Nasce anche il concetto di rischio dell'investimento, perché un raccolto puo' andare male per mille motivi (siccità, malattie della pianta, alluvuioni) e quando va male un raccolto per questi motivi non è solo un contandino a soffrirne ma tutta la regione. E se non ci fossero scorte messe da parte, nostre o di popoli vicini disposte a commerciare, sarebbe morte certa per tutta la comunità.

La crescita del PIL è un buon indicatore, per paragonarlo alla crescita della popolazione.
La popolazione mondale nell'ultimo anno è aumentata del 1.188%
Il PIL mondiale del 3.8%.
Mi pare positivo, dato che è aumentato soprattutto nei paesi emergenti e cresce meno nei paesi già ricchi come il nostro.
È positivo perché significa che siamo tutti un po' piu' ricchi.
Infatti mentre prima si parlava nel mondo di un 20% di benestanti ed un 80% di poveri (e nel medioevo forse avavamo un rapporto 1-99), oggi ci siamo avvicinando al 50-50 ed il numero di persone obese e sovrappeso (soprattuttto nei paesi emergenti) è quasi doppio rispetto ai denutriti.
C'è ancora un grosso problema di distribuzione ma possiamo ridistribuire solo se produciamo e se il PIL cresce. Quando il rapporto tra benestanti e povero è 1-99 non puoi ridistribuire nulla. Da noi, nei paesi occidentali, siamo stabilmente a 88-12 circa. E quindi possiamo fare buone politiche ridistributive.

Ciaao,
Francesco

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 Post subject: Re: La cultura dell'immagine e il futuro della politica
PostPosted: 21/02/2009, 14:09 
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Joined: 04/02/2009, 15:47
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Concordo con il giudizio di Francesco, ma allora bisognerebbe trovare un nuovo indice di benessere che rissumesse in un unico indicatore del progresso di una Nazione i possibili seguenti elementi:

1.] grado di diminuzione della povertà; 2.] grado di diminuzione della disoccupazione; 3.] grado di incremento del reddito per la classe media; 4.] grado della qualità del lavoro e del tempo libero; 5.] grado di diminuzione nella società della sofferenza mentale (causa di alienazione e sofferenza psichica, dei crimini nella scietà e delle violenze domestiche); 6.] livello di stabilità, solidità ed equilibrio della finanza pubblica; 7.] grado di partecipazione della Nazione al progresso del mondo (parametro orientato verso l’esterno).

Si tratterebbe di un algoritmo costituito da sette parametri, indicante nel complesso il livello annuale della crescita del benessere di un Sistema-paese.


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 Post subject: Re: La cultura dell'immagine e il futuro della politica
PostPosted: 21/02/2009, 16:21 
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Joined: 14/02/2009, 11:44
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androcom wrote:
Concordo con il giudizio di Francesco, ma allora bisognerebbe trovare un nuovo indice di benessere che rissumesse in un unico indicatore del progresso di una Nazione i possibili seguenti elementi:

1.] grado di diminuzione della povertà; 2.] grado di diminuzione della disoccupazione; 3.] grado di incremento del reddito per la classe media; 4.] grado della qualità del lavoro e del tempo libero; 5.] grado di diminuzione nella società della sofferenza mentale (causa di alienazione e sofferenza psichica, dei crimini nella scietà e delle violenze domestiche); 6.] livello di stabilità, solidità ed equilibrio della finanza pubblica; 7.] grado di partecipazione della Nazione al progresso del mondo (parametro orientato verso l’esterno).

Si tratterebbe di un algoritmo costituito da sette parametri, indicante nel complesso il livello annuale della crescita del benessere di un Sistema-paese.

Esiste un indicatore vagamente simile che prende in considerazione, altre al valore aggiunto prodotto, anche il tasso di diffusione della cultura (quindi educazione, alfabetizzazione, il saper fare che serve al lavoro etc) sia il benessere sanitario (salute, aspettativa di vita media, mortalità infantile).
Avevo letto che l'indice è calcolato dall'ONU, da uno dei suoi tanti organismi, ed una volta ho pure visto la graduatoria. Ora non ricordo ma non mi pare che ci fossero poi grandi differenze con quella che prende in considerazione solo il PIL procapite.

Le tue proposte sono tutte giuste ed interessanti; solo mi chedo come oggettivarle. Per ogni fattore infatti dobbiamo poter ricavare un numero indice, perché senza numeri non esiste confronto oggettivo.
Il punto 4 e 5 li vedo per ora molto soggettivi mentre per gli altri abbiamo già una certa oggettivazione.
Per calcolare poi un indicatore unico occorre decidere il "peso" che ogni parametro ha sull'insieme.

Ciao,
Francesco

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